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01 - GENTE VENETA – Anno XXVII – n. 31 – Venezia, 8 settembre 2001 – Pag. 26 –

«Vendono roba finta, non pagano tasse…»

 

IL DIBATTITO

 

Cari amici di Gente Veneta, chi di noi non ha visto anche per un solo attimo persone di colore che esercitano un «lavoro ambulante» alzi la mano. Beh, non vedo mani alzate! Le statistiche si potrebbero fare in quattro e quattr’otto. Ci siamo mai chiesti se gli ambulanti che circolano liberamente e senza permesso di soggiorno, sono «abusivi»?
Armato di una macchina fotografica e di un piccolo block notes, un giorno di fine estate mi sono recato a Cattolica, sulla riviera romagnola, per prendere qualche appunto sullo strano fenomeno di abusivismo commerciale sulla spiaggia.
Dopo una colazione all’italiana, regolarmente fatturata in uno dei tanti alberghi della città, nelle vicinanze del «Bagno 96», sono giunto in spiaggia verso le ore 9:00.
Poco dopo, puntuali come sempre, ognuno al proprio posto – quello del giorno precedente – approdono loro: i «Vu cumprà».
Nel giro di qualche minuto, guardandosi sempre attorno, i «clandestini» piazzano il banchetto metallico o il telone sulla battigia tra gli ombrelloni dei lidi e il mare.
E di spazio ne hanno!
Subito dopo arrivano i loro amici e così, gli amici degli amici, anche loro con sacchi di grandi dimensioni disposti su un carrello tutto sgangherato, che fa fatica pure a muoversi.
Ognuno si posiziona una decina di metri dall’altro, senza dire nulla; a volte un solo cenno che vale come: «Buongiorno. Tutto ok?».
E così si apre la vendita giornaliera ai passanti.
Si vende di tutto e sotto gli occhi di tutti! Il bello è proprio questo!
Ci sono i venditori pakistani che smerciano roba di “bassa qualità” come: collanine, anelli e bigiotteria, e sono quelli i più poveri; vi sono poi, i cinesi che incidono tatuaggi sulla pelle che durano circa un mese o che effettuano decorazioni orientali sulla carta.
Ed ancora, vi sono quelli che smaltiscono stoffe e pizzi, un po’ di tutto per la casa e per la persona, compreso i pantaloni ad un prezzo accessibile a tutti: solo 10mila lire.
Accanto a questi, vi sono gli ambulanti senegalesi irregolari, quelli più ricchi, che commercializzano gli articoli in pelle (borse, portachiavi, cinture, borsellini) il cui costo dalle 50mila alle 100mila lire. Il tutto con marchi ben contraffatti delle più note aziende.
Non mancano a tutti gli altri commercianti ambulanti abusivi, i negri del Bangladesch che, con le loro «pietre portafortuna» a solo 10mila il pezzo, riescono a guadagnare dalle 300-600mila lire nel giro delle tre ore antimeridiane.
E lo stipendio dell’insegnante che fine ha fatto? Beh, i conti li lascio fare a voi.
I negozianti onesti, quelli che rilasciano lo scontrino fiscale, si lamentano e spesso, visto il disinteresse degli organi competenti al controllo, non possono fare altro che chiudere l’attività commerciale.
Eppure le associazioni di categoria, le forze dell’ordine, gli amministratori pubblici, dovrebbero saperlo.
Intanto, per limitare la presenza degli abusivi sulle spiagge italiane i sindaci dei Comuni interessati possono fare un primo passo: vietare con un’apposita ordinanza il commercio itinerante dal mare alla più vicina strada comunale. E non è poco!

Agostino Del Buono

 

 

 

 

Il problema dei venditori “non in regola”, con la loro mercie “non in regola” e con i loro negozi ambulanti “non in regola” è forte nelle località balneari come a Venezia.
E anche da noi il dibattito è vivo: è giusto concedere spazio e libertà a chi “non è in regola”? In che modo si può essere accoglienti e insieme giusti di fronte al problema della clandestinità, delle professioni irregolari, della concorrenza tra commercio “in regola” e commercio “non in regola”?
Lei però, io credo, semplifica un po’ troppo il problema: si limita a dire che cosa dovremmo proibire, e non spiega che cosa dovremmo fare per andare alla radice della clandestinità. (F.B.)

 

Risposta....

In qualità di giornalista “fre lance” ho elaborato l’articolo nella mia unica settimana di ferie a Cattolica.
Lascio agli altri (Associazioni di volontariato e non, agli amministratori, ai politici ecc…) il delicato compito di indire riunioni, tavole rotonde, convegni e quant’altro su questi argomenti e non è escluso che non partecipi in qualità di relatore o di giornalista. In fondo, la vita è fatta anche di regole!
 

Agostino Del Buono
 

 

 

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