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04 - TEMPUS – Anno I – n. 6 – Trinitapoli, ottobre-novembre 2000 – Pag. 5 –

 

«In piazza migliaia di prof. contro il governo Amato per chiedere gli aumenti di stipendio …»

 

Non solo! Ma anche per rivendicare la “dignità dei docenti” e per un “riconoscimento della professionalità”

 

Imponente le manifestazioni del 9 ottobre, un po’ meno quella del 16, degne di chi veramente lavora e si dedica con profonda passione a tutto quello che circonda la Scuola.
Sono stati circa in 100mila gli insegnanti a scendere in piazza per le vie di Roma nello sciopero indetto dai Confederali (Cgil, Cisl, Uil), Snals e Unicobas per chiedere di adeguare gli stipendi alle retribuzioni dei colleghi europei.
Mentre, la seconda ondata di protesta degli insegnanti si è tenuta a Palermo, Cagliari, Napoli, Roma e Milano ed hanno partecipato in 60mila per le stesse motivazioni.
L’unica vera differenza di questi due scioperi in due giorni diversi è nelle sigle sindacali; in quest’ultimo caso si trattava di insegnanti iscritti e simpatizzanti dei Cobas, Gilda, Unicobas ed altri.
I motivi dello sciopero sono pressoché identici: ottenere più soldi per la scuola pubblica, impedire il finanziamento di quella privata, dare riconoscimento professionale e nuovo valore sociale del lavoro che viene svolto a scuola e a casa, defiscalizzazione delle spese per l’acquisto di un computer, libri e riviste specializzate o di settore, chiudere la trattativa in tempi brevi e garantire la certezza di risultati ai docenti, immissioni in ruolo sui posti disponibili.
La percentuale di adesione è stata notevolmente alta se consideriamo che molte scuole sono state chiuse per mancanza dei docenti. Insomma, possiamo affermare che è stato un successo; ha scioperato circa il 40% dei professori nel primo caso e circa il 15% dei docenti nel secondo.
Per le vie e per le piazze del centro, dove passavano i docenti, si sentivano slogan coniati per il caso del tipo: «Sgancia la lira, De Mauro, sgancia la lira», «Ministro sia dignitoso, non faccia il pidocchioso», «Non la povertà, vogliam la dignità» e così via dicendo. Molti docenti reggevano striscioni, altri le bandiere dei sindacati che rappresentavano, altri mostravano gaiardetti di Associazioni di docenti, altri ancora portavano la loro rivendicazione scritta su cartelloni appesi sulle spalle.
Era tutto cosi coreografico, cosi ben organizzato che la maggior parte dei presenti si sentiva, una volta tanto, «vero protagonista della Scuola», uniti e compatti come in un Consiglio di classe quando c’è da difendere qualche alunno che ha qualche insufficienza sparsa qua o là.
Insomma, uno per tutti e tutti per uno!
Secondo alcuni insegnanti, «le politiche retributive di questo Governo, del governo Amato, sono le stesse degli altri governi che si sono succeduti negli anni passati; tutti tesi al risparmio sulle retribuzioni degli insegnanti».
«Occorre innanzitutto aumentare gli stipendi a tutti gli insegnanti fino ad un livello di decenza umana, visto che i colleghi europei hanno tutti uno stipendio di gran lunga superiore al nostro e nel contempo occorre valorizzare in modo adeguato la professionalità degli insegnanti», è la risposta di un docente conosciuto lì per caso, proveniente dalla provincia di Bologna.
E allora cosa c’è da fare? Innanzitutto abolire l’art. 29 ed utilizzare sin da subito i 1.260 miliardi “congelati” dopo lo sciopero del 17 febbraio scorso organizzato dalla Gilda, distribuendoli equamente a tutti i docenti e l’avvio di una trattativa seria (con tutti i sindacati e le Associazioni della Scuola, quelle ritenute significative e non) sugli aumenti stipendiali di tutto il personale insegnante nel triennio 2001, 2002 e 2003 finalizzati all’adeguamento ai parametri europei.
Dopo questa ondata di sciopero qualche raggio di sole si affaccerà sulla finestra-scuola o ricorreremo tra un paio di mesi a qualche altra manifestazione di piazza?

Agostino Del Buono

 

 

 

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